Tutto è relativo. Prendi un ultracentenario che rompe uno specchio:sarà ben lieto di sapere  che ha ancora sette anni di disgrazie. (Albert Einstein)

Cosa mi aspetto dai miei collaboratori?  Cosa mi aspetto dagli altri?

L’autoconsapevolezza, l’empatia, la gestione di sé e delle proprie emozioni rappresentano ingredienti significativi dell’Intelligenza Emotiva. I rapporti interpersonali si nutrono di notevoli sfaccettature, capacità relazionali che favoriscono “buoni incontri” o al contrario “cattivi scontri”. I leader di gruppi organizzativi desiderano collaboratori dotati di spirito di iniziativa, buona gestione dello stress, tolleranza, pazienza, ottime capacità comunicative…. Indubbiamente tali abilità relazionali si rivelano estremamente utili per far decollare un gruppo di lavoro e aiutarlo a viaggiare su frequenze elevate, ciò vale anche per un gruppo familiare, un gruppo di amici e qualsiasi altro sistema fatto di persone che fanno un viaggio insieme condividendo sogni, speranze, ambizioni, obiettivi. Tutto ciò è davvero molto importante ed è inevitabile che un individuo desideri circondarsi di persone “valide”; nelle realtà orientate al business ciò rappresenta addirittura un necessario imperativo. In tutto ciò credo sia molto utile fare un passo indietro, un passo verso lo specchio. Tutti noi ne abbiamo almeno uno nelle nostre case, il problema è che troppo spesso dimentichiamo di averne uno anche dentro di noi, uno specchio che si nutre delle nostre convinzioni riflettendo un’immagine di noi stessi che non sempre trova riscontro nel mondo esterno, talvolta in completa dissonanza con quello che di noi percepiscono le persone che ci circondano. Comprendere la percezione che gli altri hanno di noi, l’idea che i membri di un gruppo hanno del proprio leader è a mio avviso fondamentale per promuovere “buone relazioni”. È necessario dunque mettersi in gioco, partire da se stessi. Quindi come fare per capire cosa pensano di noi gli altri? Il “feedback” rappresenta lo strumento per eccellenza, uno strumento spesso sottovalutato oppure offuscato per il timore di ricevere riscontri inaspettati e spiacevoli. Ma se ci interessa capire quale immagine di noi il nostro specchio riflette agli occhi degli altri, non abbiamo altra scelta che valorizzare il confronto con coraggio e curiosità, allo scopo di lavorare su noi stessi per “migliorare”, prima di chiedere agli altri di “cambiare”. La consapevolezza di sé è un passo fondamentale per giungere all’altro, per sintonizzarsi con il mondo esterno. È necessario dunque capire come comunichiamo, quale stile di leadership adottiamo, da quali stati emotivi siamo pervasi nelle diverse situazioni e di conseguenza quale approccio esibiamo nelle relazioni con gli altri. Comprendere che tipo di riflesso gli altri percepiscono della nostra immagine è molto importante, permette di evitare la presunzione di dare per buono il riflesso personale offerto dallo specchio che abbiamo dentro di noi (indubbiamente di parte), pretendendo che gli altri condividano e assecondino l’immagine che di noi stessi ci siamo costruiti. Ciò rappresenta un buon viatico per realizzare “buone relazioni”.

Riposizionando il focus sulle dinamiche aziendali, in particolare sui leader e tutti coloro che gestiscono risorse umane, reputo necessario sostenere l’idea che: “la continua ri-scoperta di se stessi, la voglia di lavorare sulle proprie ombre da parte dei leader aziendali, offre notevoli vantaggi alle organizzazioni, incidendo positivamente sul clima del gruppo e sulla motivazione dei singoli”.

“Due milioni di dipendenti intervistati in 700 aziende americane hanno confermato che il fattore determinante per la durata (e la produttività) del rapporto di lavoro è la qualità delle relazioni con il diretto superiore”  – tratto da Essere Leader di D. Goleman.

Autore: Dott. Antonio De Martino

 

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